mercoledì 26 ottobre 2011

ASPETTATIVE. E SE FOSSIMO TUTTI FORTUNATI SENZA SAPERLO?D.Marrocco (Coach Bari)


Aspettative. 
In genere potremmo definirle come proiezioni o anticipazioni del futuro, mescolate ad una manciata di desideri, intrisa di ricerca della soddisfazione di alcuni bisogni.
Dal nostro punto di vista, le aspettative non sono altro che una ragionevole elaborazione di dati raccolti e conosciuti durante la nostra esperienza soggettiva che dovrebbero dare vita ad un futuro approssimativamente simile all’immagine anticipata.
Tuttavia, capita piuttosto spesso che l’immagine anticipata di ciò che ci aspettiamo venga in qualche modo smentita dal verificarsi -  o non verificarsi – di determinati eventi, così come ce li siamo prefigurati.
In sostanza: le aspettative vengono disattese.
Nessun problema se all’aspettativa negativa segue il verificarsi di un evento molto piacevole.

Peccato che spesso e volentieri questo tipo di eventi non vengono registrati come “delusione” ma come “botta di fortuna” e che a esaltare il pessimo ruolo delle aspettative nella nostra vita quotidiana siano proprio le “delusioni reali”. Cioè: le aspettative mancate.

I ritornelli associati a questo tipo di atteggiamento sono abbastanza noti:
- capitano tutte a me;
- tanto lo sapevo che non sarebbe andata come volevo;
- sono sfortunato/a;
e cosi via.
E questo in diversi ambiti. Ci si ritrova attorniati da tutto ciò che con veemenza e paura tentiamo di allontanare da noi: partner fedifraghi, colleghi di lavoro poco leali, professori che non ci fanno passare un esame,  soci che non ci condividono, e potremmo andare avanti all’infinito.
Si tratta della replica della nota nuvola di Fantozzi o della più famigerata Legge di Murphy o possiamo trovare conforto in una scienza reale, che lasci andare lontano pellicole e folklore?
Gli studi psicologici ed antropologici, così come gli studiosi di Programmazione Neuro Linguistica, scienza, fisica quantistica si sono dati la pena di dare una risposta più scientifica su questo fenomeno.
PERSEGUITATI E SFORTUNATI di tutto il mondo, SAPPIATE che potete MODIFICARE ORA questo status.
Secondo le ricerche, infatti, tutto sarebbe il frutto di un effetto dal nome inaspettato: l’effetto PIGMALIONE.
Nella sostanza, ciò che normalmente accade è di essere trattati come profondamente ci aspettiamo.
Se pensiamo che il nostro partner ci tradirà, infatti, probabilmente cominceremo ad attuare una serie infinita di atteggiamenti di sospetto, controllo e ricerca di conferme che porteranno inevitabilmente ad una modifica del nostro comportamento e persino del nostro modo di parlare e della mimica facciale.
Una variazione reale che il partner percepirà nettamente, attuando una serie di comportamenti di risposta a sua volta coerenti con la necessità di non essere controllato, spiato o sospettato: tanto più se ha la “coscienza” a posto. E naturalmente confermerà i vostri sospetti.

Ora, secondo le ricerche e gli studi effettuati, il nostro occhio e il nostro modo di osservare esperienze, situazioni e persone non è oggettivo. Di fatto il nostro occhio effettua una interpretazione della realtà, e non è totalmente in grado di percepire tutto ciò che appare. La vista è un filtro, così come gli altri sensi. 
Pertanto passibile di “interpretazione”.
Capita così che, se abbiamo in mente l’idea che una persona voglia “tradirci” o “prenderci in giro” o ancora “illuderci”, di fatto connoteremo i suoi atteggiamenti e le sue azioni di condimenti visivi interpretati: uno sguardo particolare, una parola detta al posto di un’altra più giusta..E ancora una volta questo ci "darà ragione".
L’esperimento che ha dato vita alla formulazione dell’Effetto Pigmalione è di per sé affascinante ed è stato svolto in un Istituto scolastico americano.
I dati sono stati sbalorditivi. Due classi sono state sottoposte ad osservazione.
In una delle aule i docenti hanno ricevuto l’informazione di avere a che fare con ragazzi dotati di un’intelligenza superiore. Pertanto hanno adottato una serie di comportamenti e atteggiamenti coerenti con questo dato fornito. Risultato? Gli obiettivi motivazionali e di profitto realizzati sono stati impressionanti. Gli alunni risultavano motivati e molto produttivi.
Nell’altra aula, invece, ai docenti è stata fornita l’informazione opposta. Gli alunni in carico sarebbero stati ragazzi con una intelligenza media e con qualche difficoltà.
Va da sé che l’informazione fornita in entrambi i casi sugli studenti era assolutamente PRIVA di qualsiasi fondamento.
Sorprendente anche il secondo risultato. Studenti poco motivati, risultati non all’altezza delle attese.
L’occhio (in questo caso l’informazione ricevuta) aveva completamente influenzato il contesto e l’ambiente circostante, fino a condizionare la RISPOSTA EMOZIONALE E COMPORTAMENTALE dei soggetti coinvolti nel sistema di relazione.
Questo esempio, chiarisce inequivocabilmente un dato. Siamo SFORTUNATI fino a quando pensiamo di esserlo. Una volta che prendiamo consapevolezza che tutto dipende dal tipo di input e informazioni che inviamo alla nostra mente, TUTTO PUO’ CAMBIARE.
Naturalmente, questo non vuol dire che non ci saranno esperienze spiacevoli o che non esisteranno più persone che possano tradire. La cosa importante però è che saremo in grado di evitare queste situazioni, perché il nostro OCCHIO e il nostro CERVELLO funzionerà proprio come il VERO PIGMALIONE. In grado di migliorare il contesto e le relazioni circostanti.
Nella mia esperienza personale, se si potenziano e si inviano agli interlocutori messaggi e atteggiamenti positivi, mirati a motivare piuttosto che a controllare o deprimere, si ottengono feedback migliori, risposte e comportamenti che portano un generale miglioramento della nostra vita.
E questo è tanto più vero nelle relazioni.
Le critiche, le lamentele e ogni sorta di atteggiamento volto a rilevare i difetti, con il tempo finiscono per portare fuori esattamente i problemi che non vorremmo.
Apprezzamento, voglia di condivisione e costruttività di fronte alle cose che non ci piacciono dell’altra persona possono invece portare grande vantaggio alla relazione, potenziandola e facendola crescere.
A voi, la lente più opportuna da utilizzare, facendo leva sulla vostra flessibilità.
La fortuna è una questione di atteggiamento. Tutto il resto dipende da voi. E questa di per sé è davvero una bella notizia.

mercoledì 19 ottobre 2011

DESTINO E SINCRONICITA': alla ricerca del senso della propria mission (Bari)

Destino.  Fato. Sorte. Parole che sono spesso annodate tra loro. Come l'etimologia della parola "sorte" - da serere, annodare appunto. Quasi che la fortuna e il suo esito fossero legate tra loro dando vita al stessa SORTE.
Destino, il luogo cui siamo destinati ad arrivare. Fato, la linea continua che ci porta alla destinazione.
Parole che evocano interrogativi continui sul nostro essere qui.  
Chi siamo? E cosa siamo venuti a fare qui? 
Qual è il senso della nostra vita? E se per senso intendessimo proprio la DIREZIONE?

Ci sono giorni in cui accadono cose, eventi che ci stupiamo a vivere con la stessa naturalezza con cui respiriamo. Quelle situazioni meravigliosamente accordate dal naturale srotolarsi dei momenti che sembrano vibrare all'unisono con le nostre emozioni e il nostro corpo. Esperienze di vita in cui quasi ci verrebbe da affermare che "oggi la vita è innamorata di noi e noi di lei".

Ecco, in quei giorni, sono quasi certa che esista quella che uno dei miei Maestri Ispiratori - Deepak Chopra -  ha chiamato "cospirazione di improbabilità dell'universo". 
A dispetto della difficoltà di logica comprensione delle parole, la cospirazione di improbabilità è di fatto uno degil avvenimenti e casi più probabili e frequenti che possiate immaginare. 
Si tratta di quell'immenso granaio di esperienze che chiamiamo COINCIDENZE.

Un pensiero partito dalla nostra mente che si trasforma in un battito di ciglia nella concretizzazione di un istante: una telefonata arrivata proprio da quella persona cui stavamo pensando; una risposta che attendevamo da tempo e che prorpio qualche secondo prima ha fatto capolino nel discorso con un amico preso di fronte ad un caffè; un film che non vediamo da tempo e che scopriamo essere in prima serata in tv la sera stessa.

E tante altre ancora. 
Le coincidenze sono il frutto della combinazione di infiniti fattori. Quasi che un misterioso DEUS EX MACHINA provasse ad intessere i fili di quell'intricato tessuto che il nostro arazzo di vita, fino a dargli un disegno proprio.
Ecco, per noi, quello è parte del destino.
La domanda è: il disegno è già deciso? Abbiamo possibilità di modificarlo? Quando si compie il "disegno"?
Le coincidenze possono essere considerate, secondo Deepak Chopra, un messaggio dell'intero universo che si organizza letteralmente per schizzare le linee di quel disegno.
Abbiamo la possibilità di comprenderlo, quasi svelarlo man mano che si compone. 
Il punto è cogliere quelle coincidenze, quei segni, quelle SINCRONICITA', quell'intima corrispondenza tra ciò che VOGLIAMO DAVVERO per noi STESSI e una serie di piccoli grandi eventi che si concatenano come un ponte sotto i nostri piedi per attraversare un valico.
La vita sembra essere molto meno complicata quando riusciamo a cogliere quei segni. 
Non che manchino le difficoltà, ma quei segni talvolta sono veri e propri indicatori del SENSO di MARCIA da seguire. E si sa, quando si va controsenso, ci sono dei rischi: multe, incidenti, difficoltà. Qualche volta si accorcia il percorso. Altre si arriva da tutt'altra parte.
La differenza starà tutta nella PERCEZIONE e SENSAZIONE CHE NE RICEVEREMO una volta arrivati.

E' che presi dalla voglia e forse dalla fretta di andare, non ci accorgiamo che ALCUNE SENSAZIONI ci stanno già dando un ulteriore segno di direzione.
Il nostro corpo e le nostre emozioni nascondono un profondo messaggio che si accorda perfettamente alla sincronicità. La nostra MENTE NON LOCALE (quella inconscia per intenderci) è sempre collegata all'origine dell'Universo attraverso le vibrazioni sensoriali. Ne conserva memoria, ordine, gentilezza e musicalità, un'armonia intrinseca e propria. E riceve benessere solo se queste caratteristiche sono conservate nel percorso di scelte che facciamo nella nostra vita.
Ma si sa. Ascoltare il proprio corpo e la propria MENTE NON LOCALE implica un allenamento importante al SILENZIO. La MENTE non LOCALE differisce da quella LOCALE (la nostra razionalità) proprio perchè non ha parola. Si distacca dalla sintassi e si lascia trasportare dal pieno del silenzio.
La mente locale predilige il controllo, su tutto. Ma è anche perfettamente in grado di comprendere che non ha un potere immenso su tutto. Perciò viene sovrastata dalla paura e dalle emozioni tossiche.
Dare spazio alla MENTE NON LOCALE, ci consente pertanto di:
- riconoscere la sincronicità e le coincidenze che ci indicano la direzione verso la nostra mission;
- dare informazioni sensoriali e corporee su quel tipo di esperienze che ci danno benessere, anzichè tensioni, alimentando così la nostra capacità di direzionare la nostra vita;
- renderci consapevoli di fronte alle nostre scelte e alle possibili conseguenze, rilasciando il senso di colpa e aprendoci alla responsabilità attiva delle nostre azioni;
- utilizzare il potere creativo dell'INTENZIONE CONSAPEVOLE (con l'aiuto della mente locale) per orientare i pensieri ed ottenere una maggiore concentrazione di IMPROBABILITA'  a nostro favore.

Se tutto questo vi sembra un insieme fantastico e fantascientifico di parole, è bene che prendiate in considerazione che ciascun punto qui riportato è il frutto di studi scientifici.
Il mio intento, tuttavia, è lontano dal fornirvi dati scientifici velocemente rintracciabili sul web, quanto spingervi alla riflessione verso il vostro modo di approcciare alla vita e alle esperienze OGGI, IN QUESTO MOMENTO.
In qualiasi momento, infatti, potete rendervi conto di DOVE SIETE ORA e COME VI SENTITE ORA.
E dopo qualche istante, chiedervi DOVE VORRESTE ESSERE, MA SOPRATTUTTO COME VORRESTE SENTIRVI VERAMENTE.
Perchè il senso della nostra vita, la direzione, la mission - così come volete chiamarla o definirla - quando è autentica e "ordinata" porta con sè un senso di benessere totale e completo.
Se la risposta alle riflessioni su indicate è positiva, SI MI SENTO BENE ORA QUI IN QUESTO MOMENTO..prendete in considerazione che siete in linea con il vostro senso e che state disegnano il vostro arazzo magistralmente. 
Se la risposta è differente, NO, NON MI SENTO BENE ORA QUI IN QUESTO MOMENTO...cogliete questa grande opportunità. Chiedetevi: dove voglio andare? Come voglio sentirmi? Chi voglio essere?
In questo modo avrete  preso i carboncini per lo schizzo del vostro disegno w settato la vostra intenzione nell'orientarvi a farlo. E quindi, una votla definito, lo farete.
Non so se il DESTINO sia frutto solo delle nostre SCELTE o se le nostre SCELTE siano in qualche modo guidate dal nostro DESTINO. Il punto è piuttosto: VIVERE QUELLE SCELTE e QUEL DESTINO con un profondo senso di pienezza, completezza, gratitudine e AMORE PER LA VITA.
Questo la rende speciale.
Infondo, il nostro DESTINO non è forse il frutto di tutte le esperienze compiute, compresi gli errori?
Se non avessimo per una volta fatto qualcosa oltre il "normale senso comune" avremmo scoperto cose nuove?
E se non cambiassimo strada qualche volta mentre andiamo al lavoro, avremmo avuto l'opportunità di incontrare quella persona speciale?
Le coincidenze e gli errori sono segnali forse che ci indicano chi siamo e dove siamo diretti?
A voi la riflessione su questi interrogativi...mentre la vostra MENTE NON LOCALE conosce già tutte le risposte.
(ispirato alla SINCRONICITA' di DEEPAK CHOPRA)

venerdì 14 ottobre 2011

PAROLE DI SAGGEZZA - WORDS OF WISDOM (BARI)

Chi non sa perdonare spezza il ponte sul quale egli stesso dovrà passare.
Sacre Scritture

Sul per-dono...
Per-donare è la forma più elevata di amore. E' lontano da qualsivoglia atto di indulgenza o superiorità. Si allontana dal clima del gioco tra accusa e scusa proprio per questo. Perdonare non significa far finta di nulla, nè pensare che siamo dispensatori divini di permesso alla serenità o alla vita. Il perdono non è di DIO perchè DIO semplicemente AMA. Non ha bisogno di perdonare. L'uomo invece può coltivare questa qualità e insegnarla ai bambini. Questo è il compito più difficile. Comprendere che per-donare significa amare. Poi lasciar andare.

giovedì 13 ottobre 2011

EQUILIBRIO EMOZIONALE E LA FORZA DEL PER-DONO (Bari)

Perdono. Una memoria lontana e di richiamo religioso quando penso a questa parola: perdono.
Nella concezione religiosa è la divina qualità di colui che per amore sa andare oltre il peccato, oltre la colpa di coloro che si pentono.
Tuttavia, nel mio lavoro, questa idea (pur rispettabile) del perdono mal si concilia con la necessaria assenza di giudizi di valore, identificazione della colpa e senso del peccato.
Il lavoro di un counselor parte dal presupposto che “Dio non fa errori” e pertanto gli esseri umani abbiano una intrinseca perfezione dell’Anima.
Vero è che in questa terrena dimensione gli “sbagli”e gli “errori” che commettiamo in quanto esseri umani sono all’ordine del giorno. Per lo più si tratta di comportamenti attuati che portano risultati diversi da quelli che ci aspetteremmo.
Comportamenti che inevitabilmente finiscono per invadere la sfera affettiva delle persone intorno a noi e che in noi nutrono determinate aspettative.
Ci sono diversi modi per assumersi la responsabilità delle azioni e andare oltre la situazione di stallo o conflitto. Il primo passo, tuttavia, consiste nell’assunzione di responsabilità e dalla presa di coscienza di queste due semplici parole:
- mi dispiace.
Della differenza tra “mi dispiace” e “ti chiedo scusa” avrò modo di scrivere in seguito.
Qui voglio soffermarmi sulla altrui capacità di recepire questo messaggio e andare oltre.
Il “Mi dispiace” da solo, non basta. Occorre fare qualcosa.Qualcosa che rappresenti la presa d’atto.
Ma che succede dopo che abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo fare e la persona che si è sentita ferita non riesce ad andare oltre, a perdonarci?
E’ possibile perdonare e ristabilire un nuovo stato della relazione?
E cosa vuol dire davvero PER-DONO?

Vorrei iniziare proprio da ciò che il PER-DONO NON E’..
Perdonare non è dimenticare o fare finta che nulla di ciò che ci ha feriti non sia accaduto.
Possiamo lasciare andare le memorie solo quando abbiamo imparato la lezione e il dolore si è dissolto.
Perdonare non vuol dire scusare. Possiamo scusare una persona che non ha colpa. Perdoniamo perché un errore è stato commesso.
Perdonare non è dare il permesso a qualcuno di perseverare in comportamenti che ci danneggiano. Non si tratta di condonare quel comportamento, sia esso passato che nella prospettiva del futuro.
Perdonare non vuol dire necessariamente riconciliarsi. E’ imporatante prendere una decisione in merito alla riconciliazione con la persona che stiamo scegliendo di perdonare o mantenere le distanze.

Il PER-DONO è una parola, anzi due (cfr).
Si tratta di un vero e proprio dono. Perdonare significa lasciare andare il bisogno di vendetta e insieme liberarsi di tutti i pensieri negativi legati all’amarezza e al risentimento.
Se si è genitori, questo può diventare un ottimo modello per i bambini, insegnando loro come perdonare.
Se osservano il processo di riconciliazione con amici o familiari che hanno commesso errori con noi, forse impareranno a non serbare rancore o risentimento tutte le volte in cui capiterà di deluderli. Se invece non si è genitori, il perdono diventa una di quelle abilità importanti da possedere.
Nel film “Avalon” lo zio decide di smettere di parlare con i membri della sua famiglia per il resto della sua vita perché questi avevano dato inizio alla cena del Giorno del Ringraziamento senza attenderlo per un ritardo eccessivo. Che gran spreco di energia rimanere arrabbiati per decenni!
Il perdono può diventare il dono da fare a noi stessi.
Qui di seguito ecco alcuni semplici passi per perdonare:
- riconoscere il nostro dolore interiore;
- proteggere noi stessi da ulteriori vittimizzazioni;
- Comprendere il punto di vista e le motivazioni della persona da perdonare. Sostituire la rabbia con la comprensione;
- Perdonare noi stessi per aver agito quel ruolo nella relazione;
- Decidere se continuare o meno a restare in quella relazione, modificandone la natura e il clima.
Agite il perdono verbalmente e nella scrittura. Se la persona che desiderate perdonare è morta o non raggiungibile, potete sempre scrivere i vostri sentimenti in forma di lettera.
Il per-dono e il lasciare andare possono rappresentare una grande sfida, ma è molto più faticoso trattenere il rancore. Ci sono diversi rituali per “lasciar andare” che possono aiutare in questo processo. Nel caso in cui troviate difficoltà nel perdonare qualcuno, scrivetegli una lettera esprimendo i vostri disagi e spiegando perché avete bisogno di lasciare andare. Non avete bisogno di inoltrare la lettera: è già catartico mettere tutto per iscritto.
Potete inoltre darvi il permesso di scrivere tutti gli eccessi e i carichi in un foglio di carte e bruciarlo, o semplicemente destinarlo in mare, magari in una bottiglia, nel momento in cui sentirete di essere davvero pronti a lasciare andare.
O ancora, seppellire tutto sotto la terra e piantare il seme di una pianta, affinché il tutto si trasformi in concime per una cosa nuova che possa rinascere.

mercoledì 12 ottobre 2011

Parte 2. RELAZIONI E CONFLITTI. Come superare il conflitto: paura e amore fanno conoscenza (Bari)


Per rendere molto più pratico l’approccio dell’Attitudinal Healing è mia ferma intenzione darvi qualche suggerimento da applicare per riportare in contatto questi due elementi che ci spingono in direzioni diverse. Paura e Amore sono facce della stessa medaglia, ma sono spesso poco consapevoli della loro co-esistenza in uno stesso corpo.
E di fatto ciascuna tende a prendere il sopravvento sull’altro.
Ciò che è importante ricordare è che ENTRAMBE perseguono un’intenzione positiva:
proteggerci dal dolore; allontanarci da ciò che in passato ha causato sofferenza; riconciliarci con ciò che è naturale per noi: la vita.
A cambiare, naturalmente, è il percorso che entrambe seguono per perseguire questa intenzione.
E a volte accade che ci si perda nel sentiero della paura, dimenticando le intenzioni.

E’ importante ricordare che in un conflitto in atto le emozioni non ci consentono di essere efficaci usando la LOGICA DELLE PAROLE.
Possiamo impegnarci moltissimo nell’utilizzo di parole e nel ragionamento. Tuttavia siate consapevoli che in questi casi l’efficacia di questa strategia sarà molto limitata.
La nostra mente non riesce ad essere propositiva e attiva nel momento in cui è impegnata a gestire una forte emozione (positiva o negativa che sia).
Pertanto, possiamo darci la possibilità di affrontare il conflitto in questo modo.

PASSO N.1 - RESPIRO
La prima cosa è RESPIRARE. Funzione inconscia del nostro corpo ahimè particolarmente alterata dalla incosciente influenza delle emozioni e delle situazioni vissute.
Fiato e respiro corto o spezzato.
RESPIRARE è il primo passo per abbassare il livello emozionale e ossigenare la mente.
La vostra mente, prima di quella altrui.
Dopodiché, potete cominciare a prendere in considerazione il secondo passo.

PASSO N.2 – UN PASSO INDIETRO
Fate un passo fisico indietro e fermatevi. Fate in modo di rendervi conto che chi agisce in modo aggressivo o arrabbiato di fronte a voi in quel momento sta sperimentando un SOLO sentimento: la PAURA.

PASSO N. 3 – CONSAPEVOLEZZA E RICONOSCIMENTO
Prendete in considerazione di comunicare al vostro interlocutore che avete riconosciuto la sua paura.
E’ sufficiente comunicargli qualcosa di questo tipo: “Mi rendo conto di come ti senti. Anche io ho paura a volte…”
Di fronte a questo, davvero pochissime persone continuano a perseverare nell’atteggiamento di attacco.

PASSO N.4 – DATE SPAZIO ALL’ASCOLTO
Una volta che avete riconosciuto la PAURA, date spazio all’ascolto.
Le emozioni sono ancora elevate in voi e nell’interlocutore. Perciò, il tentativo di “parlare” e “spiegare” non sortirà gli effetti desiderate.
Ascoltate fino in fondo. Senza ribattere. Appuntate nella vostra testa ciò che l’altro sta esprimendo.

PASSO N. 5 -  IN UN SECONDO MOMENTO, CHIARITE
Lasciate passare il tempo. Meglio ancora. Rendetevi conto dei tempi dell’altro e conciliateli con i vostri. In questo modo saprete trovare il modo e il tempo giusto per chiarire anche il vostro punto di vista e farvi accogliere dopo aver accolto l’altrui visione delle cose.

PASSO N. 6 -  CHIARITE PRIMA LE VOSTRE INTENZIONI
Quando siamo arrabbiati e in una situazione altamente conflittuale la PAURA fa in modo che dimentichiamo la vera intenzione della nostra reazione. E’ importante che siamo consapevoli dei motivi del nostro malessere, del conflitto e qual è l’intenzione che ci porta a risolverlo.
Solo COMUNICANDO l’intenzione positiva è possibile trovare spazio per una composizione o risoluzione del conflitto.

PASSO N.7 – NEL CONFLITTO SI è IN DUE
Siate consapevoli della vostra intenzione e del vostro obiettivo, ma continuate a ricordare che l’altro è altro da voi. La risoluzione di un conflitto dipende anche dall’altrui volontà.
La consapevolezza di obiettivi e intenzioni comunque vi regalerà un vantaggio importante: armonia e pacificazione dell’Anima.
Sarete in pace una volta che avrete fatto tutto ciò che è in vostro potere per risolvere la situazione.

E’ probabile che non ve ne siate nemmeno accorti, ma in questo processo è racchiusa l’essenza di quell’importante elemento chiamato “amore”. Accoglienza, empatia, ascolto ne sono l’anticamera. La pace e l’armonia dell’Animo ne sono la conseguenza.
Nel mentre il processo avviene, senza che neanche ve ne accorgiate. E un senso di benessere tornerà a familiarizzare con voi, la vostra mente e le vostre cellule.

Parte1. RELAZIONI E CONFLITTI: alle radici del conflitto. (Bari)

Alzi la mano chi non si è mai trovato in situazioni di elevata conflittualità o in uno stato della relazione (personale, professionale, amicale, e chi più ne ha più ne metta) in cui i toni sono diventati alti, le incomprensioni più numerose dei respiri e le parole più fraintendibili di una radio mal sintonizzata.
Risultato? Comunicazione interrotta e malessere diffuso.
In entrambi gli interlocutori.

Nella mia esperienza professionale potrei tirare facilmente le somme di quali siano gli effetti di un conflitto e quanti disagi e malesseri siano di fatto dovuti alla presenza di tensioni e attriti tra le persone. Ancor più spesso all’interno di quell’universo chiamato persona.

E le cause del conflitto sono davvero disparate, per fortuna riconducibili a pochi elementi: bisogni (reali ed emozionali), obiettivi differenti, violazione di criteri e valori, diversa interpretazione di valori/obiettivi/criteri  e modus vivendi, differenza di visione della vita, eccesso di rigidità nella affezione alle proprie mappe mentali.

In determinati casi, queste cause prendono il nome più noto e consueto degli effetti o delle conseguenze patite: tradimento, delusione, falsità…
Generalmente si tratta di accuse, critiche, giudizi di valore che rimbalzano da una parte all’altra con un’impressionante naturalità, in compagnia di uno strano senso di giustizia, ma non di giustezza.

Perché le emozioni associate a questa attitudine che si sviluppa in conflitti violenti o carichi di aggressività fanno poco rima con benessere: rabbia, rancore, senso di rivalsa, senso di colpa, senso di ingiustizia, vendetta.

Alla base di tutto questo pot-pourri di emozioni davvero male odorante per il nostro corpo e il nostro equilibrio psico fisico ecco che compare una parola: PAURA.
Secondo l’approccio dell’Attitudinal Healing realizzato da Jerald Jampolsky due sono le emozioni alla base dei nostri atteggiamenti e quindi dei nostri problemi o soluzioni: Paura e Amore.

Ed è già rassicurante racchiudere in due parole così eternamente presenti nella storia dell’uomo e della donna che solo quello potrebbe bastare a darci un po’ di tranquillità.

L’inconscio riconosce molto bene queste due EMOZIONI/VALORI presenti dentro di noi e a seconda del modo in cui siamo stati “nutriti” si muove sotto la spinta dell’uno o dell’altra.

ATTEGGIAMENTI SVILUPPATI A SEGUITO DELLA PAURA
Dal momento in cui siamo educati o cresciamo nella “paura” verranno alimentate alcune tipologie di atteggiamento, quali:
-         critica e autocritica eccessiva;
-         senso del dovere esasperato;
-         attaccamento alle procedure;
-         eccesso di rigidità;
-         aspettative legate al controllo;
-         iper controllo su persone, eventi, situazioni;
-         calo dell’autostima e del senso di realtà;
-         senso di colpa;
-         vittimismo/egocentrismo;
-         autolesionismo;
-         cinismo e disillusione;
-         calo della capacità di problem solving e della creatività;
-         atteggiamenti legati a sentimenti di rabbia, rancore, senso di impotenza, colpa, ingiustizia, perdita.

A questi atteggiamenti si accompagnano molto spesso disagi di tipo psico-fisico e malessere diffuso.

ATTEGGIAMENTI SVILUPPATI A SEGUITO DELL’AMORE
Per nostra fortuna, per ogni ombra abbiamo la certezza che esista una luce.
Coloro che sono stati educati e sono cresciuti sotto l’egida dell’AMORE hanno apprendimenti e reazioni diverse che portano a sviluppare attitudini quali:
-         autostima;
-         capacità di risoluzione dei problemi;
-         spiccata creatività;
-         capacità di ascolto ed empatia;
-         attenzione a sé e agli altri;
-         senso della realtà e prospettiva;
-         dignità;
-         valore di sé e degli altri;
-         senso di responsabilità;
-         autopremiazione e valorizzazione degli altri;
-         vitalità;
-         resilienza;
-         capacità di convertire le esperienze negative in apprendimenti;
-         forte evoluzione e senso di equilibrio tra corpo-mente-anima;
-         capacità di perdonare;
-         distinzione della persona dal suo comportamento.

Se tutto questo vi appare molto aleatorio e poco pratico, nelle sedute di Coaching con Attitudinal Healing vi sembrerà molto più semplice applicare piccoli semplici accorgimenti alla vostra vita di tutti giorni.

martedì 11 ottobre 2011

Comunicazione e altri mezzi: un messaggio nella bottiglia per salvarci dai pirati delle relazioni?

Romantica evocazione. Un messaggio nella bottiglia.
Gli amanti della musica anni '80 avranno riscoperto il ritornello di una nota canzone dei Police: "message in a bottle".
Quella canzone, appunto, parlava di un SOS lanciato in un messaggio a sua volta affidato ad una bottiglia.
Ebbene si. Un SOS affidato al più antico dei mezzi: un messaggio in una bottiglia. 
Onda su onda, chissà quanti saranno arrivati a destinazione e quanti no.
Questa volta però, in assenza di Radio, Internet e connessioni cellulari nell'Oceano Indiano i PIRATI - e sì anche qui una divagazione della cronaca scivolata nel cinema - sono stati praticamente sconfitti dall'Ammiraglia italo-inglese grazie a un messaggio nella bottiglia affidato al mare da uno dei marinai sulla nave predata.
FINALMENTE LIBERI.
Mi chiedo spesso nel mio lavoro se i nuovi mezzi di comunicazione abbiano agevolato da un lato la nostra capacità di CONTATTO, di entrare l'uno nel mondo dell'altro: virtualizzazioni della comunicazione. 
Ma quanto possono essere considerate COMUNICAZIONI VIRTUOSE?
Il web  - come tutti i mezzi -  MEDIA la comunicazione, diventano parziale.
Comunicare è un'affare decisamente personale.
Dove per PERSONALE intendiamo COMUNICAZIONE TRA LE PERSONE, ovvero quel mondo infinito di esperienze, cultura, educazione, convinzioni, valori. 
Semplicemente vita.
Questo mi appassiona della Comunicazione tra le persone.
Le parole diventano il mezzo di trasporto di emozioni, pensieri, consci ed inconsci, che passano e vibrano nel suono, nel tono di voce. Messaggi autentici affidati ad una bottiglia e al suo percorso ondulato tra le correnti del mare.
Così accade spessissimo che il nostro messaggio, la nostra VERA INTENZIONE, si lasci irretire dalla balia, dalla seduzione del nostro personale vissuto, arrivando accidentalmente in luoghi diversi da quelli immaginati. A raggiungere la sospirata destinazione, di fatto, arriva un messaggio distorto o diverso, per lo più.
Quasi che la "bottiglia" all'uopo utilizza per proteggerne il CONTENUTO, non avesse potuto nulla contro la forza del movimento marino.
Così, capita di riaffidare ad altre parole - in caso di malintesi, fraintendimenti, conflitti - il compito di chiarire le intenzioni, di affrancarci dagli equivoci, di ristabilire l'ordine e ripulire dal sale e dall'umidità del vissuto ciò che ha infradiciato l'asciuttezza delle parole.

Comunicare è forse la capacità che più di ogni altra è in grado di rappresentare l'evoluzione di un mondo, di una società, di un microcosmo, di un essere umano.
Il nostro modo di comunicare oggi -  così veloce, apparentemente immediato, fatto di codici abbreviativi e di immagini al contorno  - ci rende forse più complesso il nostro modo di COMUNICARE PER RELAZIONARCI.
Perchè una cosa è entrare in CONTATTO con il nostro interlocutore: tutt'altro far si che possa COMPRENDERE ciò che vogliamo COMUNICARE, con le nostre parole, il nostro suono, la nostra emozione, la nostra storia.

Una bottiglia è ancora oggi efficace per COMUNICARE una strategia di salvataggio alla marina inglese. 
E se un messaggio nella bottiglia riuscisse a salvare le nostre relazioni da piratesche incursioni e naufragi? Se a Facebook, Twitter e gli sms affidassimo i nostri messaggi alla relazione personale e all'incontro?
Forse sarebbe molto meno rapido il passaggio di informazioni, certo. 
Ma COMUNICARE è CONOSCERE l'altro. 
E questo è il segreto di un'ottima relazione con se stessi e gli altri.