mercoledì 22 giugno 2016

LIFE COACHING: L'ALTALENA, LA SPINGI TU. di Daniela Marrocco Coach Bari

[L'ALTALENA LA SPINGI TU]
Su e giù.
Le ho sempre amate le altalene.
Mi piace il vento che sanno creare quando sali. 
Mi piace l'emozione nello stomaco quando vai in alto e hai quasi paura, ma se ti reggi bene non lo sai perché hai paura.
Forse proprio di arrivare in alto.
Da bambina mi spingeva sempre qualcuno. Ricordo però che fin da allora ero preoccupata quando questo accadeva.
Preoccupata del fatto che quel qualcuno (piccolo o grande che fosse) non sapesse bene come vivevo quel momento e non potesse calibrare la spinta sulle mie reazioni.
Preoccupata del fatto che comunque ero di spalle e per quanto potessi cadere e lui o lei afferrarmi, ci saremmo potuti far male in due.
Preoccupata del fatto che non sai mai quanto potrà reggere una altalena spinta da chi non l'ha prima analizzata e perciò quel gioco poteva fermarsi in qualsiasi momento per volontà diversa dalla mia.
A parte le mie preoccupazioni (forse eccessive per una bambina, un po meno per te e me oggi adulti) mi sono resa conto che il divertimento maggiore sull'altalena l'ho avuto quando ho IMPARATO A SPINGERMI DA SOLA.
All'inizio è un po faticoso, anche leggermente forzato. 
È un buon allenamento se ci penso oggi.
Le gambe che devono muoversi per dare spinta e velocità. Il corpo muove da contrappeso.
Che meraviglia. Lo fai tu! 
Non c'è più nessuno di cui preoccuparsi se non tu!
Tu che la muovi.
Tu che impari a capire la velocità che vuoi.
Tu che decidi quanto in alto vuoi salire è sempre tu che devi imparare a mantenere il controllo sul corpo perché diriga il movimento, l'oscillazione e l'altezza ... 
E la frenata quando decidi di scendere.
Perché se ti fai prendere dall'euforia (e va anche bene per un po) e poi dal panico, ti sembrerà di tornare a quel momento in cui era qualcuno a spingerti e non decidevi tu.
Solo che stavolta voltandoti non troverai nessuno, se non vuoto.
E capirai che nessuno ti afferra veramente.
Ci sei tu!
Ed è tutta lì la magia.

Tu decidi di salire e di oscillare finché vuoi. 
E se ad un certo punto è troppo, troppo in alto, troppo forte, troppo veloce, usa il tuo corpo.
Mantieni la mente concentrata e le mani salde sulle corde o le catene.
Non lasciare che il corpo sia rigido, ma usa i muscoli e le tensioni per controllare il movimento tuo e dell'altalena.
In discesa abbassa le gambe e opporrai freno.
Poi, mentre si ferma, respira.
Sempre più lungo e lento.
E quando si ferma ASPETTA UN MOMENTO ANCORA.
Riprendi la calma della fermezza. 
Lascia che il tuo corpo scarichi adrenalina e la tua mente comprenda la calma.
Alzati piano.
E poi, piano, riprendi a camminare.
Ecco, si.
Mi piacciono le altalene.
Soprattutto da quando ho imparato che decido io quando oscillare, andare in alto, e quando tornare con i piedi per terra!

martedì 14 giugno 2016

LIFE COACHING. SE E' "PER FORZA", NON AVRA' FORZA! di Daniela Marrocco Coach Bari

[Se è per forza, non avrà forza]
Abbiamo un mondo di modi di dire. Il linguaggio mi affascina sempre perché non è solo un insieme di frasi e parole cucite a caso per creare l'abito del pensiero.
È molto di più. È una scrittura reale che si instaura nel nostro cervello attivandone comportamenti, spesso inconsci.
Hai presente quando usi quei modi di dire, quelle meravigliose affermazioni cariche di pathos, di intenti, di "davvero" che sottolinei con il tuo tono di voce quasi arrivassero ben chiare e incisive al destinatario?

Che magia in quelle parole.
Magia perché spesso sono il tentativo della mente di portare una parte di se' a determinare quella realtà, quel pensiero, quel l'intento.
E insieme ai "davvero" ci sono i miei preferiti: i "per forza".
È quasi l'alter ego di un obbligo e di una necessità che si sono scontrate fino a farla diventare una forza. 
Un pensiero, un intento "per forza" crea quella ineluttabilità che convince a credere, a crederci.
Sia tu che la pronunci che tu che la ascolti!
Quel "Per forza" è una fantastica manifestazione dello scontro di energie, profondo e potente.
Eppure, in quel "per forza" - facci caso - hai perso le forze. 

Perché nello scontro c'è il conflitto profondo tra il voler fare qualcosa e il non riuscire a farlo veramente.
Non si tratta di non volere "davvero"... 
Semplicemente è la manifestazione di un piccolo (o grande) conflitto interiore tra ciò che DESIDERIAMO FARE e ciò che POSSIAMO VERAMENTE FARE!
Il desiderio e la possibilità si scontrano in quel "per forza" e annullano le loro opportunità di riuscita.
Non mi credi?

Facci caso.
Quante volte hai detto "per forza" riferito ad una azione (magari un incontro o un impegno) e ti sei ritrovato a non poterlo portare a termine?
O viceversa l'hai sentito ma non hai avuto ciò che sembrava già fatto?
Non si tratta - lo ripeto - di mancare gli impegni. 
Si tratta di riconoscere l'incongruenza, il piccolo (O GRANDE) conflitto che quel "per forza" cela e rivela al contempo.
Perché se lo intercetti lo metti in ordine: ritrovi l'incontro tra il desiderio e l'opportunità.
Ritrovi l'azione.
La motivazione.
E finalmente la tua forza. 
Davvero. Anzi, veramente!

martedì 7 giugno 2016

COACHING: QUANDO STARE IN PANCHINA E' IL MIGLIOR MODO PER GIOCARE. di Daniela Marrocco Coach

[QUANDO STARE IN PANCHINA È IL MIGLIOR MODO PER GIOCARE]

Non si tratta solo di sport!
Andiamo, usiamo la metafora. 
Stare in panchina è un momento poco amabile per chi compete, per chi è sul pezzo, per chi è abituato a lottare, a trovare il modo e la soluzione sempre. 
Non importa a quale costo!

Solo che - come nello sport - non tutto è deciso da noi. I ruoli ce li cuciamo addosso con le capacità, le competenze e il talento. 


Non sempre però puoi giocarti la partita. 
Per motivi diversi: non sei in forma, non è il momento o semplicemente non è la tua partita.
Questo lo sai bene nella testa, ma il corpo scalpita in panchina. In realtà sai di non essere al massimo, eppure continui a convincerti che il Mister decide, che non puoi fare nulla se non aspettare il tuo turno... 

E speri che quel momento arrivi.

Ti agiti su quella panchina, nemmeno ci fossero 200 gradi di fornaci che ti bruciano sotto il sedere. Fremi, pensi, critichi persino chi è in campo al tuo posto. 
E probabilmente inizia a salire il rancore e la frustrazione del tuo NON poterti giocare la partita.
Il punto però è proprio lì. 


La partita la stai giocando anche tu in panchina.
 E non è perché non stai muovendo il tuo sistema motorio che non la stai giocando.
Perché dalla panchina la giochi eccome la partita. 
Se invece di dimenarti e lamentarti mentalmente ti fermassi, compenseresti la saggezza della panchina.


Te la riassumo in 3 pillole:
1) puoi guardare gli altri player e studiarli meglio di una moviola. Puoi osservarne le reazioni e le modalità di comportamento sviluppando una visione di insieme che diversamente non potresti avere nell'uno a uno sul campo;


2) puoi usare gli "errori" altrui non per giudicarli, ma per insegnare a te stesso le alternative partendo dalla testa, dall'immagine mentale che te ne fai, senza che la frustrazione o la paura di sbagliare interrompano il flusso di apprendimento;


3) puoi diventare migliore nel supportare i tuoi compagni, mantenendo un approccio umile ma coinvolto e aiutarli come coach aggiunto.


La panchina ha un suo modo strano di allenare: alla pazienza, allo studio e alla disciplina della vita.
Perché anche lei come un tecnico di sport decide che ruolo tu debba giocare e quando giocarlo in pieno.

Ti starai chiedendo: allora io cosa posso scegliere di fare?

Ecco qui. 

Puoi scegliere di imparare, di allenarti, di restare pronto, perché come nello sport anche nella vita può arrivare la tua occasione, il tuo debutto, la tua prima partita per consacrarti.

E li sarai solo tu! 

Niente giustificazioni. 
Solo tu e la partita da giocare. 
Pronto fino alla fine!

Magari, nella tua Champions League.
#dama #coaching #sport #life #coach #bench